Il nostro pianeta e le sue risorse!
La terra ci ospita da soli 200.000 anni, ma ciò nonostante noi facciamo i padroni.
Hai mai sentito parlare di impatto ambientale, di impronta ecologica o di sostenibilità? In mezzo a tutti questi paroloni non è facile comprendere tutti i concetti. Soprattutto capire come l’individuo possa concretamente fare qualcosa nella sua quotidianità. Proviamo a ragionarci insieme. Il pianeta in cui abitiamo è uno solo, ospita diversi ambienti che sono in grado di generare risorse utili a soddisfare le esigenze umane e di tutti gli esseri viventi. Allo stesso modo è in grado di assorbire i rifiuti che gli esseri umaniproducono. Questa abilità però non è infinita.
Per ogni tipologia di ecosistema si può misurare una BIOCAPACITÀ, cioè la capacità di produrre materia biologica utile e di assorbire rifiuti e filtraggio di altri materiali generati dall’uomo (ad es. la CO2). Tutti possiamo comprendere come un deserto ed una foresta pluviale siano molto differenti in questi termini: si usa quindi esprimere questa produttività con “ettari globali” che esprimono una produttività media. L’ettaro globale pro-capite è invece quanta superficie produttiva ogni abitante del pianeta avrebbe a disposizione per soddisfare i propri bisogni senza intaccare la capacità della natura di rigenerare le risorse ed assorbire i rifiuti. Attualmente il valore è di 1,5 ettari globali pro-capite. A questo punto ci viene da chiedere: “ma noi, quanta biocapacità stiamo utilizzando?”.
Per comprenderlo, si può utilizzare l’IMPRONTA ECOLOGICA: “uno strumento di calcolo che ci permette di stimare il consumo di risorse e la richiesta di assimilazione di rifiuti da parte di una determinata popolazione umana o di una certa economia e di esprimere queste grandezze in termini di territorio produttivo corrispondente”*. In poche parole: l’impronta ecologica misura quanta natura viene usata da una persona, da una comunità, una nazione o globalmente. Per fare questo sono stati elaborati modelli matematici che stimano il consumo delle risorse per la maggior parte dei processi produttivi, mezzi di trasporto, cibo e rifiuto. In termini di superficie di terreno per generare energia, assorbire rifiuti, edificabili, foreste, coltivazioni, pascoli e pesca. L’impronta ecologica media di un italiano è di 4,3 ettari globali (ti ricordi qual è la biocapacità disponibile globalmente?). Analogamente si può calcolare l’impronta idrica o la quantità di gas climalteranti di un processo produttivo o alimento.
Lo scopo per cui sono nati questi strumenti era rendere evidenti i limiti planetari alle persone comuni così come ai grandi decisori politici. Gli stessi servono a comprendere dove e come intervenire in modo da stimolare una trasformazione.
Se sottraiamo l’impronta ecologica alla biocapacità otteniamo il DEFICIT ECOLOGICO (se il risultato è negativo) o RISERVA ECOLOGICA (se positivo). La nostra civiltà “evoluta” è in deficit ecologico da più di cinquant’anni. Ma questo cosa significa? Come è possibile? Con un’analogia finanziaria potremmo dire che è come se avessimo un conto in banca che ogni anno matura un interesse (risorse naturali e capacità di assorbire i rifiuti) e noi stessimo prelevando più di quello che genera. Ogni anno quindi il capitale di base diminuisce e di conseguenza la sua capacità di generare interessi. Stiamo consumando il nostro pianeta che ogni anno è sempre meno in grado di generare risorse utili alla vita così come la conosciamo (compresa la nostra).
Non bisogna però considerare il consumo delle risorse del pianeta solo un problema “da ambientalisti” perché è anche un problema di giustizia sociale (milioni di persone non riescono ad accedere alle risorse essenziali alla sopravvivenza) e di benessere della vita di ogni essere vivente.
Su internet è possibile trovare facilmente calcolatori di impronta ecologica per poter fare una valutazione personale dell’impatto delle scelte di ognuno di noi. Vi invitiamo a provare a calcolare il vostro, non per farvi sentire in colpa o deprimervi, ma per provare a pianificare piccoli o grandi cambiamenti che possano migliorare la situazione. Sono naturalmente approssimazioni, ma servono a generare riflessioni e a suddividere il grande problema in “pezzi” più piccoli, forse più facilmente affrontabili.
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